COVID-19 e Alzheimer, un quadro generale della situazione

Il bilancio in termini vittime da infezioni da SARS-CoV-2 tra le persone anziane affette da demenza e patologie neurodegenerative è drammatico. Quali sono i numeri reali? Come si può invertire la tendenza?

Per introdurre un tema così ampio e complesso come l’impatto del COVID-19  sui malati di demenza e Alzheimer è doveroso iniziare con i numeri ufficiali dell’Alzheimer’s Disease International, di cui è parte anche la nostra Federazione Alzheimer Italia. In particolare, uno degli ultimi studi pubblicati in merito, il rapporto “Impact and mortality of COVID-19 on people living with dementia: cross-country report”, mette in luce quanto già ampiamente prevedibile, ossia l’alto tasso di mortalità da COVID-19 fra le persone con demenza, che in Italia è pari al 19%. Tale dato italiano è confermato anche da uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità che evidenzia che almeno 1 su 5 fra i decessi da COVID-19 riguarda persone con demenza. A simili conclusioni è giunto anche il Dott. Angelo Bianchetti, Responsabile dell’U.O. di Medicina Generale dell’Istituto Clinico S. Anna, che ha collaborato a una ricerca italiana sul possibile ruolo della demenza come fattore di rischio di mortalità per anziani colpiti dal virus. Dal recentissimo studio emerge infatti che il tasso di mortalità da infezioni da SARS-CoV-2 è pari al 62,2% tra i pazienti con patologie neurodegenerative, e “solo” del 26,2% per gli anziani in buona salute cognitiva. Tutti questi numeri ci confermano quanto sia stato pesante il bilancio in termini di decessi di persone con demenza e quanto l’età sia uno dei principali fattori di rischio per la demenza stessa e per la maggior probabilità di contrarre infezioni da SARS-CoV-2 (l’86% dei decessi per Covid-19 riguardano soggetti over 65).

Ma l’impatto del COVID-19 sulle persone più fragili del nostro Paese, ossia gli anziani affetti da patologie neurodegenerative, è ancor più drammatico rispetto ai dati analizzati. In questi mesi di pandemia infatti le persone con demenza bisognose di assistenza a lungo termine hanno avuto accesso limitato alle cure mediche, alle attività assistenziali e sopratutto hanno perduto quei rari e preziosi momenti di vita quotidiana e contatti sociali già difficili in precedenza. Non poter godere delle consuete attività di assistenza sanitaria e sociale può provocare un aumento dell’ansia nei pazienti con Alzheimer e un conseguente peggioramento dello stato di salute generale. Inoltre, la chiusura di centri diurni e dei luoghi deputati all’accudimento dei soggetti con gravi demenze significa inevitabilmente pesare sempre di più sulle famiglie dei malati, con il rischio di aumentarne stress fisico-mentale e disturbi comportamentali.

Chi è affetto da demenza e patologie neurodegenerative come l’Alzheimer, soffre spesso di disfagia. In questa battaglia, anche la terapia nutrizionale gioca un ruolo fondamentale. La valutazione precoce dello stato nutrizionale e un adeguato supporto in tal senso sono fondamentali per integrare il trattamento farmacologico e l’ossigeno-terapia dei pazienti affetti da COVID-19, al fine di diagnosticare e contrastare malnutrizione, sarcopenia e tutte le altre complicanze a cui possono andare facilmente incontro ( tra cui appunto la stessa disfagia).